I non addetti ai lavori probabilmente non conoscono Daniel Kahneman.
Nato (per caso) a Tel Aviv nel 1934, durante una visita della mamma ad alcuni parenti nell’allora mandato britannico di Palestina, ha trascorso l’infanzia a Parigi ed è riuscito a sfuggire alle persecuzioni naziste vivendo in fuga ed in clandestinità insieme alla sua famiglia.
Al termine della guerra si è trasferito poi nel nascituro Stato di Israele dove si è laureato in psicologia, continuando gli studi negli Stati Uniti dove ha conseguito un dottorato in psicologia a Berkeley presso l’università della California.
Sono stati molti i riconoscimenti che ha ottenuto nel corso della sua lunghissima carriera (attualmente è professore emerito della Princeton University) compreso un premio Nobel per l’economia nel 2002.
Uno psicologo che vince un premio Nobel per l’economia è un fatto molto bizzarro per quanto non unico.
Insieme al suo amico e collega Amos Tversky (deceduto nel 1996) ha condotto un numero incredibile di studi ed esperimenti per provare come molte delle nostre decisioni in ambito economico, siano prese in maniera non razionale.
Nel suo capolavoro “Pensieri lenti e veloci”(1) ha illustrato i risultati di decenni di studi spiegando come nel nostro cervello convivano pacificamente due sistemi di pensiero: il sistema 1 intuitivo, veloce e automatico che lavora senza sforzo e il sistema 2 che invece è il suo esatto opposto e brucia molte energie.
Questo è un punto molto importante perché il nostro cervello tende a risparmiare ogni caloria possibile.
Noi uomini ci siamo evoluti tantissimo in milioni di anni, a tratti molto velocemente e il nostro cervello ha fatto fatica ad adattarsi altrettanto rapidamente rimanendo, per alcuni versi, ancora nella preistoria.
In quei tempi difficili per i nostri antenati, ogni caloria era davvero preziosa ai fini della sopravvivenza.
Istintivamente tendevamo così a risparmiare energia, e lo facciamo ancora oggi prendendo decisioni basate sul nostro sistema irrazionale.
Badate che questa cosa non è assolutamente un male, pensate ad esempio a come vi siete allacciati le scarpe stamattina.
Lo avete fatto in maniera automatica ed irrazionale o vi siete messi lì a calcolare e riflettere su come compiere quell’operazione?
Giusto! Lo avete fatto senza riflettere e questo vi ha portato ad un risultato soddisfacente e col minor consumo energetico possibile.
Se state ancora leggendo, vuol dire che vi ho in qualche modo incuriosito e magari state cercando di capire il titolo “Kahneman ad Amsterdam”.
Un altro po’ di pazienza.
È di fatto impossibile sintetizzare tutti i contenuti del citato libro, tuttavia l’autore stesso descrive più volte una sua massima che ha un acronimo strano: WYSIATI, che sta per “What You See Is All There Is” (quello che si vede è l’unica cosa che c’è).
In altre parole, lo psicologo israeliano sostiene che ci sono tantissime trappole mentali in agguato e che queste sono antagoniste del pensiero razionale.
Cose ben note agli addetti al marketing (o meglio, al neuromarketing), a chi scrive discorsi per i politici o a chi vuole venderci un’assicurazione sulla vita, per esempio.
Una di queste trappole è il cosiddetto “effetto priming“.
Semplificando al massimo il concetto, questo effetto fa si che l’esposizione ad uno stimolo vada ad influenzare le risposte ad uno stimolo successivo.
Molto esplicativa è questa dimostrazione riportata da Kahneman nel suo libro.
Nella cucina di un ufficio in un’università britannica, per molti anni i dipendenti avevano pagato il tè o il caffè che consumavano quotidianamente mettendo soldi in una «scatola dell’onestà».
In ufficio era esposto l’elenco dei prezzi raccomandati.
Un giorno, senza alcun preavviso o spiegazione, sopra quell’elenco fu affissa ogni settimana, per dieci settimane, un’immagine diversa.
Nello specifico, vennero sostituite alternativamente rappresentazioni di fiori e immagini di occhi che parevano scrutare direttamente l’osservatore.
Senza che nessuno commentasse questa novità, i contributi alla scatola dell’onestà cambiarono significativamente.
I poster e la somma che gli impiegati mettevano nella scatola sono mostrati nella figura seguente:
L’immagine degli occhi generava uno stimolo che il cervello degli utenti riceveva chiaro e forte a livello inconscio, suggerendo alle persone che, nel momento in cui stavano mettendo i soldi nella cassettina, erano osservati.
Questo stimolo, a sua volta, induceva una risposta condizionata cioè faceva (mediamente) essere un po’ più “onesto” del solito nel corrispondere il dovuto.
Immaginatevi la mia sorpresa quando all’aeroporto di Schipol ad Amsteradam ho visto questo cartello.
Due occhi che ti guardano con attenzione sopra l’indicazione del divieto di sosta.
Sono abbastanza sicuro che in molti, senza sapere il perché, non parcheggeranno lì e non solo per la multa in agguato.
Tutto questo che ha a che fare con la sicurezza sul lavoro?
Un caso pratico.
I cartelli segnaletici che ci avvisano di un obbligo sono corredati da immagini iconiche molto semplici, ad esempio questo:
Il cervello dei lavoratori qui impiegati è quotidianamente esposto all’effetto priming di questo disegno.
Non è un risultato affatto garantito, ma tutto aiuta al fine di migliorare i comportamenti di prevenzione e protezione.
I lavoratori neanche lo sanno, ma forse, se si sono abituati ad utilizzare la cintura di sicurezza durante l’uso del carrello elevatore, è stato anche grazie alla visione conscia e inconscia (cioè averlo costantemente sotto gli occhi) di questo cartello e all’effetto che questo ha causato nella loro mente e conseguentemente sulle loro azioni.
All’opposto, immaginate sul cervello di un fumatore che effetto priming potrebbe avere quest’altro cartello. Esattamente: la parola “vietato” scompare e, inconsciamente sale la voglia di mettere la mano sul pacchetto di sigarette.
Purtroppo, il nostro “sistema 1” non fa distinzioni e tende sempre a farci prendere decisioni istintive, il sistema 2 ha bisogno di qualche secondo di riflessione prima di mettersi al lavoro.
Mia nonna Chiarina, classe 1909, lo scoprì prima di Kahneman.
Spesso mi diceva infatti: “Manfredo, conta fino a dieci prima di…”
(1)pubblicato in Italia da Oscar Mondadori.
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